Sono un regalo. Potrei esserlo per te, caro Partner Potenziale. Sono un regalo impacchettato da un amico bastardo che si è liberato di tutte le Gazzetta dello Sport che aveva in casa per impacchettarmi. Rotolato in 6 pacchetti di nastro adesivo - maledetto sadico…
Non sono una bottiglia nella carta dorata attraverso la quale i tuoi amici ti palesano il tuo problema con l’alcol. No, è evidente. Non sono neanche un libro che lo soppesi, ancora nell’involucro, lo scuoti e esclami: “sicuramente non è un ombrello”. Ma tantomeno una cravatta che stringe al collo e sta di merda su quattro terzi del tuo guardaroba.
Sono un maglione, forse, o un paio di jeans.
Meglio! Sono una t-shirt. Regalo disimpegnato. Se non è il tuo colore preferito o non vesti una small, trovi lo scontrino nella busta. Lo puoi presentare alla cassa e lo cambi con quello che vuoi. Non mi offendo.
Ma cazzo, scartami!
Possibile che non esistano più le gradazioni di grigio? O è amicizia o storia d’amore o scopata. Il Sig. Scoprirsi è defunto, schiacciato sotto un camion di lustrini.
Palle! Ecco l’articolo che dovrebbero regalarti. Si chiamano così e servono a prendersi in mano la propria vita, guardare chi si ha di fronte, talvolta, se si presenta l'occasione, e decidere che si può rischiare di mettersi a scartare; servono ad avere il coraggio di non descrivere tutto quello che vedi col poco che sai, perché anche se oltre il ciglio si trovasse una scogliera a strapiombo, possiamo rischiare almeno di affacciarci. Le palle si vendono in paia e la misura non è importante. Il costo è modico ma non sempre si ha la voglia di spenderlo: si chiama rischio, maledetto te.